mercoledì 20 marzo 2013

COME VORREI CHE FOSSI |senza metà di forme|

merenda di letto
Sbircerei volentieri nella riserva nera
stretto di te come sono
stabilir se qualcosa è rimasto
della merenda divisa
in due porzioni di letto.
 
Ho ripetuto il nostro
ed io soltanto
il tuo ondeggiar da sopra
il mio tenerti addosso
fino al rintocco del quarto.
 
Traballerei a ogni soffio
se ripetessi l'allora
l'arte di allontanarsi
senza provar che fame
e il soddisfatto colpo
di un'altra tacca al calcio.
 
Nel risalir le scale
trovo i tuoi baci sparsi
raccolgo quanto basta
per maledirti ancora.
 
Io sono il mite e l'armamento
il digestivo e l'acquavite
l'asceso della Pasqua
e il passero suicida.
 
Volo di fionda il passo
sul pavimento a scacchi
il cupo calpestio
di chi non trova posto
la chiusa del mio cervo
nel capovolto abete.
 
Come vorrei che fossi ?
Altro che non sia mio,
altro che non sia mio.

lunedì 18 marzo 2013

BASTARDO DEL MIO PAESE |che non v'è posto ne ora al rimanere|

Quale contagio il ritorno
Liscio di terra il tremolar di trame
Ch’apparta di fogliame il mio paese
Arso come contagio scorre il niente
Entro il respiro assente dei pareri
Che somigliar mi turba volentieri.
 
Morto di sonni il sacrosanto intento
Entro il funereo incontro dei divani
Tanfo del chiavicare d’acque torve
Antro di sbornie postume ai cantieri
Che somigliar mi turba volentieri
 
Il parlottar serrato nelle case
E il vomito di frase pellegrina
Eppure ai sassi il marcio del frutteto
M’approda come lieti dispiaceri
Che somigliar mi turba volentieri
 
Puzzo come ubriaco di lavello
Rosso come balcone di gerani
Gobbo come la cruccia a cui m’appendo
Par che sia scorso il vacillato ieri
Che somigliar mi turba volentieri

lunedì 11 marzo 2013

CAGNETTA DI PETROLIO |che di parlar non voglio|

Bauhaus&Baujob
Cagnetta,
brutta cagnetta
giri di sabato 
fra un covo di bastardi e un altro;
cagnetta che odori di acre.
 
Inutile è la spinta che mi dai
sul capo
con insistenza garbata,
inutile è la musica dei ricordi
ed il tuo taglio netto
è più un brandello che un occhio.
 
Cagnetta bagnata,
Dio quale umore bianco
e spingi ancora il fianco
contro il mio capo chino.
 
Cagnetta
che il lunedì lo fai per noia
il martedì per pena
come ogni sera dopo;
io non ho il tuo sapore sulla lingua
ma chi sa quale uomo.
 
Comunque avanzo e affondo
il frenulo bugiardo
che di parlar non voglio
e il non poterlo
mi fa bocchini d’aria.

mercoledì 6 marzo 2013

BAFFI SPIEGATI AL VENTO |in breve compianto frugale|

debilitato d'ormeggi
Riordino parole spese,
stese come burro
su chi pane non e'...
 
Riordino la stanza 
dei cirri ammucchiati
finiti in cenere sulla scrivania.
Riordino i vuoti di archivi
soffiando via polvere d'assenza
e poi vestiti incollati a libri,
ripiani poveri di vino,
rose essiccate ai giorni
senza piu' spine ne tempo.
 
La porta di casa 
è lo strumento che preferisco;
imboccarlo senz'ancia
ed andar là dove
il silenzio ti porta.

lunedì 4 marzo 2013

AGRIFOGLIO |d'un fiato fiutato per strati|

di repellenza dialogante
Sia come libro schiuso
amore mio,
sbadato amore
che l'agrifoglio ha spine verdi
e fresche foglie bugiarde.
 
Sia come pagina prima
bianca,
titanio opaco
e l'apparente comunque
sopra stesure aperte
amore mio sbadato.
 
Sia un capolinea sciocco
il mio inatteso dialogante
nascosto dietro versi
questi,
che di pietà son fatti
e rime amare.
 
Sia una parola nuova
mai pronunciata
e tuttavia irritante
se pur buona
lasciata priva d'orme
per ritrovarti ancora.
 
Sregolatezza prima
e panacea passata
di spine anch'io son fatto
e non son verde
sotto il mutar bugiardo.
 
Sia come spettro sia
prima del dipartire
guitto malato
e repellente a tarme
schiva le spine
e sfogliami di dentro
sbadato amore mio
amore mio sbadato.

venerdì 1 marzo 2013

MIO ZIO CADENET CADUTO IN TERRA SANTA

|e poi tornato ad ubriacarsi al Moka Bar|

da Terra Santa a Moka Bar
La quarta notte di girovago
per la pretesa di toccarti
niente è più miserevole che il me
quando non trova sonno.
 
Anche chi fugge dai serpenti
prima di poi riormeggia
e le finestre sono ai sensi
nenie di bestie incantatrici.
 
Una distesa d'erba
il prato ondoso di libeccio
io sono l'ultimo scampato
dalla battaglia dei lombrichi.
 
Resta con me pesante
tanto da non poterti
e abbandonarmi a te
scordando il segno delle pietre.
 
Adesso sono preso dagli stenti
e il trattenermi è lieve
scende da una carezza il timoniere
e si addormenta ai piedi dei ricordi.