Di Spirito, Flemma e Granatina |
Preso per il
naso dalle note del campanaro, Babbo Natale arrivò cheto e paonazzo al
paese quando oramai stavano per scoccare le due. Vide due brutti ceffi
fermi all’angolo di strada tra la piazza ed il corso, intenti nel
concepire qualcosa di insolito e decisivo. Sarà stato per la fatica, per
l’ultimo Vermut mandato giù controvoglia, che Babbo Natale sentì dentro
di se uno strano senso di solitudine. Passo dopo passo sulla neve
fresca e lucente che rispecchiava dal basso varie file di luci
intermittenti, Babbo Natale si avvicinò ai due manigoldi. Si tolse il cappello prima di essergli di fronte con una galanteria d’altri tempi.
"Buon Natale !" – esclamò, fiero delle sue vesti.
I due si
voltarono sorpresi. Erano smilzi, butterati, con una barbetta appena
accennata sul mento e precisa nei perimetri. Avevano basette curate di
forme bizzarre come ritagliate da minuscoli tosaerba. La loro pelle era
verde con netti tagli di luce giallastra intermittente proveniente dallo
specchio di neve del pavimento. Avevano chiodi conficcati nelle
orecchie, nel naso, sulle labbra ed uno strano stato di niente negli
occhi. Avranno avuto si e no sedici natali. "Buon Natale ragazzi!"- replicò
Babbo Natale. I due si guardarono senza quasi vedersi, girando i tacchi
verso il fondo del corso. Babbo Natale rimase in quell’angolo, da solo,
cheto e paonazzo a rimpiangere un Vermut mandato giù troppo in fretta.
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